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Jobs Act: operativa la legge

_ Antonio-Rostagno-Bra


JOBS ACT: OPERATIVA LA LEGGE

Lo scorso 7 marzo è divenuto operativo il nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto con il decreto legislativo. n. 23/2015.

Viene, quindi, meno la tutela reale garantita dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (l. n. 300/1970) che prevedeva l’obbligo – stanti determinati presupposti – di reintegra del lavoratore licenziato nel posto di lavoro: in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, si avrà solamente diritto ad ottenere il pagamento di una indennità in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24 mesi (art. 3, comma 1 del decreto).

Il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro permane soltanto per i licenziamenti discriminatori, per quelli nulli e per quelli inefficaci perché intimati in forma orale (art. 2), nonché, in caso di licenziamento disciplinare, per l’ipotesi in cui sia accertata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (art. 3, comma 2).

Analogo regime di tutela risarcitoria verrà applicato per quanto riguarda i licenziamenti collettivi in caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta, salvo il caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta, nel qual caso si avrà reintegra dei lavoratori.
Per le imprese fino a 15 dipendenti – per le quali già in precedenza non trovava applicazione la sanzione della reintegra – il datore di lavoro sarà tenuto a riprendere in forze il dipendente esclusivamente in caso di licenziamento nullo e discriminatorio, o per quelli intimati in forma orale; in tutti gli casi di licenziamento ingiustificato l’ammontare dell’indennità è dimezzata (una mensilità, invece di due, per ogni anno di servizio), con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità (art. 9).

La nuova normativa, infine, riconosce al datore di lavoro la possibilità di offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari a un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e fino a un massimo di 18 mensilità.

Il decreto legislativo in esame, infine, prevede la cosiddetta NASpI (acronimo di: Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego), che sostituisce ASpI e mini-ASpI (introdotte dall’art. 2, l. n. 92/2012, c.d. Legge Fornero) e che si applica alle ipotesi di disoccupazione involontaria verificatesi dal 1° maggio 2015, che riguardino lavoratori dipendenti che abbiano cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro e almeno 30 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi (art. 3). La prestazione, il cui ammontare è commisurato alla retribuzione e non può superare i 1.300 euro (art. 4), dura per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro (art. 5). L’erogazione è condizionata alla partecipazione del disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale (art. 7).

Vengono, infine, introdotte in via sperimentale per il 2015, per gli eventi verificatisi dal 1° gennaio al 31 dicembre 2015, una indennità di disoccupazione mensile per i collaboratori, anche a progetto, iscritti alla Gestione separata INPS, che perdano il lavoro e che vantino tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal 1° gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data dell’evento e un mese nell’anno dell’evento, e, sempre in via sperimentale per il 2015, l’ASDI (assegno di disoccupazione), per coloro che, dopo la scadenza della NASpI, sono ancora disoccupati e si trovano in condizioni economiche di bisogno. L’assegno viene riconosciuto per 6 mesi, in misura pari al 75% dell’indennità NASpI.

 Avvocato Antonio Rostagno

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