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Negoziazione assistita: nuovo strumento deflattivo delle controversie civili

_ Antonio-Rostagno-Bra


Al fine di sgravare i Tribunali di nuovi fascicoli civili e smaltire l’arretrato, il Decreto Legge 132/2014, convertito in legge 162/2014, ha introdotto l’istituto della negoziazione assistita che prevede l’esperimento di una sorta di tentativo di conciliazione dinanzi ai rispettivi legali, volto al fine di comporre bonariamente la vertenza, da espletarsi obbligatoriamente – in alcune materie – prima di dar corso al giudizio.

La procedura di negoziazione assistita consiste essenzialmente nella sottoscrizione da parte delle parti in lite di un accordo (c.d. convenzione di negoziazione) mediante il quale esse convengono di cooperare per risolvere in via amichevole una controversia vertente su diritti disponibili tramite l’assistenza degli avvocati, nonché nella successiva attività di negoziazione vera e propria, la quale può portare al raggiungimento di un accorso che, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo valido anche per l’iscrizione ipotecaria.

Le ipotesi di negoziazione previste dalla norma possono essere due: obbligatoria, nelle materie nelle quali essa è prevista quale condizione di procedibilità dell’azione in sede giudiziaria (quali quelle volte al risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, ovvero domandare il pagamento a qualsiasi titolo di somma non superiore ad euro 50.000,00, salvo si tratti di materie soggette all’altra procedura alternativa della c.d. mediazione obbligatoria), ovvero facoltativa o volontaria; deve, però, riguardare “diritti disponibili”, fatta eccezione per la materia matrimoniale (separazione e divorzi), per la quale è prevista una particolare forma di negoziazione.

Al momento del conferimento dell’incarico al difensore, questi deve informare il proprio cliente della possibilità di ricorrere a tale istituto; ove la parte manifesti la volontà di aderire alla procedura, dovrà essere inviato alla controparte a mezzo lettera raccomandata un invito a stipulare una convenzione di negoziazione che riporti l’oggetto della controversia e l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni ovvero il suo rifiuto potrà essere valutato dal Giudice ai fini delle spese del successivo giudizio.

Ove la controparte aderisca all’invito, viene redatta la convenzione di negoziazione, con la quale le parti convengono di “cooperare in buona fede e con lealtà” per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei rispettivi legali.

La trattativa che ne consegue deve concludersi entro tre mesi, prorogabili su accordo delle parti di ulteriori trenta giorni.

Al fine di favorire un approccio aperto alla definizione della controversia, il legislatore ha previsto che le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non potranno essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto; che i difensori e coloro che hanno preso parte alla procedura di negoziazione non potranno essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite.

Ove, all’esito di tale incontro le parti non dovessero trovare una composizione amichevole, i difensori provvederanno alla redazione di un verbale di mancato accordo che non potrà contenere quanto emerso nel corso degli incontri avvenuti tra le parti o le ragioni che hanno determinato il naufragio delle trattative.
In caso contrario, verrà redatto un verbale recante i termini del raggiunto accordo che dovrà essere sottoscritto personalmente dalle parti e dai rispettivi difensori, i quali ne certificheranno l’autografia (salvi i casi in cui a ciò dovrà provvedere il notaio) e renderanno alcune dichiarazioni di forma previste dalla legge; tale verbale acquisirà, quindi, efficacia di titolo esecutivo, sulla base del quale – ove necessario – procedere alla trascrizione nei registri immobiliari ed iscrivere ipoteca.

 Avvocato Antonio Rostagno

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